Sarà dedicato alla speranza il nuovo incontro del prossimo 17 novembre del ciclo di catechesi con l’arte per adulti intitolato “Occhio agli attributi”, dedicato all’iconologia e alla teologia delle virtù teologali, organizzato dalla comunità dei frati domenicani dei Ss. Giovanni e Paolo in collaborazione con l’Ufficio evangelizzazione e catechesi del Patriarcato. Un format che, dopo un approfondimento storico artistico in sala San Tommaso, porta i presenti alla scoperta dei monumenti presenti in basilica, partendo proprio dalle varie iconografie delle virtù che sono raffigurate sulle tombe dei dogi e che questi erano chiamati a rappresentare. «I dogi infatti facevano raffigurare sia le virtù a cui erano chiamati, sia quelle che avevano perseguito maggiormente in vita. Pur non essendo una carica regale infatti, i dogi sentivano che l’importante potere affidatogli aveva comunque un’origine divina» spiega fra Adriano Cavallo, ideatore del progetto, specializzato in predicazione attraverso l’arte, che da due anni per la comunità domenicana si occupa della promozione della basilica e della spiritualità.
Gli incontri si sviluppano con una predicazione attraverso l’arte. Il titolo scelto è volutamente equivoco: «Ormai la gente è disabituata a guardare. Così abbiamo scelto un titolo volutamente provocatorio per attirare attenzione e curiosità sul contenuto, che subito però viene disambiguato dal sottotitolo in cui si capisce che gli attributi a cui ci si riferisce non sono altro che i segni distintivi che nell’iconografia servono per identificare e distinguere nell’arte le varie virtù. Un modo per incuriosire anche chi solitamente non è interessato a questi incontri» spiega fra Cavallo, dicendo che questo è nello stile della predicazione domenicana. I successori di San Domenico, infatti, hanno sempre detto che, affinché il contenuto di fede resti attuale, si può ricorrere a qualsiasi tecnica di predicazione. Ogni virtù viene trattata dal punto di vista teologico morale con esempi in eccesso e in difetto: «Come dice San Tommaso, la virtù sta nel mezzo. Gli incontri vogliono proprio approfondire come la virtù sia quell’equilibrio proposto dalla fede cristiana tra l’eccesso e il difetto. – continua fra Adriano – Per quanto riguarda la speranza, per esempio, il difetto è la disperazione e l’eccesso è invece la presunzione della salvezza».
Il prossimo incontro dal titolo “C’è speranza”, che si terrà venerdì 17 alle ore 19 in sala San Tommaso, vedrà un approfondimento iconologico di fra Adriano Cavallo che, grazie all’uso della videoproiezione, compirà un excursus storico artistico su come è cambiato il modo di rappresentare iconograficamente la virtù della speranza. «Come per la virtù della fede non deve sorprendere se le raffigurazioni in chiesa sono minori. Trattandosi di sepolture cristiane, questa virtù era quindi data per scontata ed era sottointesa» anticipa fra Cavallo. Raffigurazioni di speranza e fede si trovano maggiormente dove la società era meno segnata dal cristianesimo, non a caso se ne ha testimonianza ai tempi delle persecuzioni nelle catacombe. Diversi sono poi nel corso della storia dell’arte i modi per raffigurare e declinare la virtù della speranza. «Oltre ad essere affiancata ad un’ancora, simbolo di Dio a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà, la virtù a volte allatta un amorino, come metafora della speranza che cresce, o è accompagnata da un alberello in crescita che richiama il senso dell’attesa e della pazienza nell’attendere i frutti che il tempo porterà». In basilica ai Ss. Giovanni e Paolo pochissime sono le raffigurazioni della speranza. «Una statua della virtù svetta sul monumento per la tomba del doge Niccolò Marcello con a fianco sul lato sinistro una grande ancora» spiega fra Adriano. Di un’altra raffigurazione della speranza resta traccia invece nella tomba del doge Andrea Vendramin. Qui però la virtù ha perso la sua ancora, e resta solo il pugno chiuso che la teneva stretta.
Dopo la visione dei simboli iconografici, che aiutano una comprensione più immediata del dato propriamente teologico e di fede riferito alla virtù, don Federico Bertotto terrà invece un approfondimento teologico. «La speranza è una virtù particolare che a volte viene dimenticata e rischia di essere confusa. Può infatti essere compresa in modo superficiale e scadere nell’ottimismo. Invece ha a che fare con la vita del cristiano» dice don Bertotto. «La virtù della speranza implica il fatto di affidarsi alla misericordia di Dio, che ci dà i pesi che siamo in grado di portare. Nel nostro affacciarci al futuro siamo sostenuti e accompagnati dalla misericordia di Dio, e questo ci lascia una tranquillità di fondo». La speranza non è una cosa astratta ma, in quanto virtù teologale, è un dono della grazia che viene fato all’uomo e che si traduce in atti che siamo chiamati a vivere nella vita di tutti i giorni: «Come? Affidandoci alla speranza nella concretezza della vita, sapendo che non siamo soli. – spiega don Bertotto – Avere speranza significa avere la certezza di sapere che la vita di ciascuno di noi è affidata a Dio Padre che vuole il nostro bene e ha la potenza di realizzare quello che da soli non siamo in grado di raggiungere». Gli incontri, aperti ai tutti e gratuiti, si concluderanno il 1 dicembre con l’appuntamento “Per carità!”, che vedrà intervenire fra Stefano Rossi. «La carità fa eccezione – anticipa fra Cavallo – perché è l’unica che non ha un eccesso in quanto la misura dell’amore è infatti amare senza misura».
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