Logo Ve-Nice

Giorgio Correggiari: il ribelle della moda

In un libro la storia dello stilista che, partendo dal negozio Pam Pam aperto con suo fratello Lamberto, ha sovvertito il modo di fare moda, tra riciclo e idee innovative

Dal carattere ribelle e fuori da qualsiasi schema, Giorgio Correggiari (1943- 2011) fu stilista controcorrente, protagonista assoluto della moda degli ultimi cinquant’anni. Un profilo, il suo, di uomo che ha segnato la storia della moda, che il fratello Lamberto ha recentemente ricordato all’Università Iuav di Venezia, in occasione dell’uscita del volume nato su suo progetto “Giorgio Correggiari: il ribelle della moda” edito da Lupetti. Nato a Pieve di Cento (Bologna) il 5 settembre 1943, Giorgio Correggiari, grazie alla sua formazione in Scienze politiche, ha vissuto la moda come fenomeno strettamente connesso con la politica, la società e le culture giovanili, distinguendosi subito come stilista impegnato e anticonformista. Il volume, che si basa sulla ricchissima documentazione conservata nell’archivio di Giorgio e Lamberto, in varie sezioni tematiche ricostruisce la figura di Giorgio Correggiari grazie a saggi critici di storici della moda, tra cui quello della prof.ssa. Iuav Alessandra Vaccari, e testimonianze di amici e colleghi che ricostruiscono il “dietro le quinte” della sua vita.

Gli inizi insieme al fratello

Il percorso di Giorgio nella moda prende avvio nel ’64 quando, dopo un percorso d’apprendistato presso aziende tessili in Francia e Germania, con il fratello Lamberto diede vita a Riccione al negozio Pam Pam. Fu una rivoluzione, a cominciare dallo spazio: «Era un luogo aperto che non aveva nulla a che fare con le classiche vetrine. – ricorda il fratello Lamberto – Anticipammo di mezzo secolo l’utilizzo di materiali riciclati. Per il negozio utilizzammo materiali del Carnevale di Cento per realizzare un controsoffitto di semisfere di cartapesta dipinte di giallo, il pavimento invece era a scacchiera bianco e nero. Con i tubi per le fognature tagliati realizzammo invece gli scaffali per i vestiti» dice, ricordando che lo spazio era contraddistinto da lastre di alluminio che insieme alle luci multicolori alteravano le forme ed i colori dei capi in vendita. «Noi non vendevamo prodotti ma desideri. – spiega Lamberto, raccontando che all’inizio la gente era incuriosita ma non entrava in negozio – Allora noi uscivamo dal retro facendoci largo tra la folla davanti alle vetrine e per aprire la strada facevamo finta di essere clienti». È in questo spazio che i fratelli inventano i concetti di unisex e unicità: «Ai grossisti chiedevamo le rimanenze tessili, anche vecchie di dieci anni, per realizzare capi di abbigliamento non convenzionali, diversi per concetto e stile da tutti gli altri, con pezze di tessuto non più riproducibili». Le creazioni non venivano mai duplicate: «Ogni settimana il negozio aveva capi nuovi». Nei capi introdussero tessuti di arredamento e tecnici, così come l’utilizzo del velcro in sostituzione dei bottoni. «Realizzammo anche giacche e abiti con la “grisette”, la tela grigia usata allora per la divisa degli spazzini, anticipando gli abiti dei manager»

Le strade si dividono

Presto Flavio Lucchini chiese a Giorgio e Lamberto di creare degli abiti per i redazionali della rivista Vogue. Nel ’69 i fratelli si trasferiscono da Bologna a Milano, dove aprono la nuova sede del Pam Pam, che divenne anche uno studio professionale stilistico di consulenza per le aziende del settore moda. Nel ’71 le loro creazioni sono presenti nelle migliori boutiques italiane e nel ’72 i fratelli sono invitati a sfilare nella mitica “Sala Bianca” di Palazzo Pitti, allora la più prestigiosa vetrina internazionale della Moda Italiana. Per l’occasione creano una collezione di abiti gonfiabili e progettano una sfilata dove le modelle sono accompagnate da nani, ballerine e mangiafuoco, ma le loro idee risultano troppo rivoluzionarie e controcorrente. Nel ’73 La “Fancy”, grande società indiana d’abbigliamento e tessuti, li invita in India a creare una collezione uomo e donna da realizzarsi con i suoi preziosi tessuti. Quell’esperienza fu però la cartina tornasole che portò i fratelli a prendere strade diverse: «Restammo però sempre molto uniti e continuammo quando c’era occasione a collaborare» spiega il fratello. Lamberto preferì riprendere l’attività di artista e designer, mentre Giorgio continuò l’attività di stilista con la creazione di proprie linee con il brand “Giorgio Correggiari”, che venne conosciuto in tutto il mondo. «Anche dopo la fondazione del marchio e l’ingresso nel 1976 nell’emergente scena nel prêt-à-porter milanese, Correggiari ha continuato a rivendicare per sé un ruolo diverso da quello dello stilista, presentandosi come “ricercatore”, “osservatore”, “studioso del costume”  e manifestando una sensibilità per temi che oggi definiremmo di inclusività e sostenibilità» ha sottolineato la prof.ssa Vaccari.

In tutto il mondo

Nel ’90 propone il “Pile”, tessuto realizzato con il riciclo delle bottiglie di plastica, anticipando il suo uso nella moda. Molte furono le innovazioni che continuò ad apportare nel campo della moda, fino a conquistare l’America. «Lo stilista è citato anche nel romanzo di Ellis “American Psycho” in cui il protagonista, Patrick Bateman, in una delle descrizioni minuziose del suo guardaroba lussuoso e alla moda dice di indossare un Correggiari» continua Vaccari. In Giappone aprì 25 punti vendita, collaborando con il fratello Lamberto alla progettazione degli spazi fino a che, a fine anni ’90, Giorgio decise di abbandonare momentaneamente le sfilate dal momento che al sistema non interessava più la creatività e la qualità dei prodotti ma solo il profitto. Negli anni si riserverà sempre uno spazio personale di ricerca e progettazione continuando a battersi contro gli sprechi e l’immoralità dell’invenduto.

Argomenti correlati: ,
Autore:

Iscriviti a VE-NICE e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!