Un lavoro minuzioso, di attenzione, cura e pazienza. Sono iniziati a novembre scorso nella Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello i lavori di restauro del pavimento musivo del presbiterio risalente al XI secolo, dai toni del bianco, grigio, nero, vede e rosso. I lavori, diretti dall’architetto Paolo Tocchi, sono possibili grazie al finanziamento del comitato Save Venice, che per quest’intervento ha stanziato 500 mila euro. Si tratta di una superfice pavimentale di circa 60 mq che necessitava da tempo di un intervento completo visto che, a causa delle frequenti acque alte, della risalita dei sali e dei danni provocati dal calpestio, le tessere marmoree erano molto rovinate e decoese, così come le malte di allettamento che ormai erano in gran parte cedute. Per iniziare l’intervento prima di tutto si è reso necessario strappare il mosaico dal sottofondo, incollandovi sopra una tela, così da valutare al meglio lo stato di degrado e potervi poi lavorare direttamente nella parte retrostante. «È infatti in corso d’opera che ci si rende conto di problematiche che prima non si vedevano» spiegano i mosaicisti restauratori che, sotto la guida del maestro mosaicista Giovanni Cucco, stanno ora passando in rassegna migliaia di pezzi musivi che compongono la pavimentazione.
La pavimentazione è ora divisa in pozioni di mosaico strappato e catalogato su delle scaffalature. Ogni tassello accuratamente numerato fa infatti riferimento ad una precisa parte della pavimentazione, di cui è stato fatto un rilevo fotografico e da cui è stata estratta una mappa con tutte le sezioni. Quando i mosaicisti terminano una porzione del pavimento colorano con un puntino sulla mappa la parte a cui fa riferimento. Questa mappa è ora colorata per metà: ciò significa che il lavoro è arrivato a buon punto e che manca circa un anno per completare il restauro e riposizionare il mosaico a terra secondo l’originaria disposizione, grazie ad una malta di allettamento di circa 5 centimetri che, infilandosi e aggrappandosi tra le tessere musive, andrà ad appianare i livelli tra una tessera e l’altra unendole al sottofondo.
Il laboratorio di restauro è stato allestito direttamente in una navata della basilica. Lì i mosaicisti si dividono i compiti: c’è chi provvede con scalpello e martello a rimuovere dalle tessere musive la precedente malta di allettamento, usando anche piccolissimi trapani quando altrimenti le tessere rischierebbero di rompersi, e chi invece si occupa di consolidare e riposizionare le tessere già pulite. «Il mosaico è l’arte dell’eterna pazienza» dice Giovanni Cucco, mentre è impegnato a ricomporre le tessere musive. «La maggior parte delle tessere sono state immerse in vasche di acqua deionizzante per desalinizzarle e recuperarne la loro bellezza. – spiega il mosaicista Massimo Grasso, che da quattro anni lavora insieme a Cucco, con cui ha restaurato anche i mosaici di San Donato a Murano – Le tessere musive che invece sono troppo ammalorate, per via di muffe o perché troppo decoese, vengono invece sostituite con porzioni di materiali originali presi da altre tessere marmoree antiche che presentano ancora uno spessore maggiore e possono essere tagliate. Dove questo non è possibile vengono invece sostituite con marmi nuovi che vengono tagliati con l’ausilio delle macchine nella misura e conformazione più idonea».
Intanto gli operai della ditta Pierobon, il cui cantiere è diretto da Elvi Venturin, stanno ora provvedendo a sistemare la porzione del sottofondo su cui giaceva il pavimento musivo. «Questa zona per metà è stata scavata dagli archeologi fino ad una profondità di 90 cm per vedere se c’era del materiale rilevante, ma non è stato trovano nulla se non antiche porzioni di pavimento» spiega. Ora gli operai stanno riempiendolo le buche fatte dagli archeologi con vecchi laterizi messi in posa con una malta di allettamento ancora calda realizzata con la calce viva con l’aggiunta di cocciopesto. La zona in cui gli archeologi non hanno invece proseguito gli scavi, rivestita con del geo tessuto, verrà coperta da tavelle più piccole per essere portata anche questa a livello, in modo che il pavimento musivo una volta messo in posa poi non abbia cedimenti. «Per mettere i mattoni nel sottofondo utilizziamo la calce viva. – spiega l’architetto Paolo Tocchi – I sassolini di calce a contatto con l’acqua fredda fanno reazione chimica e, arrivando ad una temperatura di 180°, si sciolgono. A questa poi va aggiunto il cocciopesto così che la malta diventi idraulica e faccia presa sott’acqua. Infine andrà fatto uno strato di 10 centimetri di massetto e poi altri cinque centimetri di miscela, a cui verrà aggiunta la cenere vulcanica Pozzolana, su cui appoggeremo il mosaico». Inoltre è stato rimosso anche il marmo che corre perimetralmente lungo il presbiterio così da far respirare e asciugare le murature ancora umide dalle acque alte. Il restauro della pavimentazione si aggiunge ad una serie di tanti altri interventi finanziati da Save Venice, tra cui la ristrutturazione del campanile, delle murature esterne, del mosaico della Madonna Odighitria, quello del Giudizio universale, degli absidi del Diaconicon e di Sant’Antonio, della quarta navata e della cripta. Ora non resta che attendere un anno prima di rivedere il pavimento riprendersi il suo spazio sul presbiterio.
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